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PACE IN MEDIO-ORIENTE

Posted: Gennaio 11th, 2009 | Author: | Filed under: ARTICOLI | Commenti disabilitati su PACE IN MEDIO-ORIENTE

Continuiamo a fornire contributi importanti alla comprensione del conflitto israelo-palestinese. Lo facciamo con la pubblicazione di due autorevoli articoli: il primo scritto dal premio nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel e l’altro dal noto pacifista israeliano Uri Avnery.

 

 

LA SPADA E L’ARATRO    Israele, perché ascolti solo la tua voce sorda?



di Adolfo Pérez Esquivel*

 Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli.
Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci;
Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo. ( Isaia 2,4).

Alle 3.45 di notte ha suonato il telefono. La voce di un amico preoccupato e dispiaciuto si chiedeva cosa potesse fare la comunità internazionale davanti ai bombardamenti di Israele e alla successiva invasione terrestre sulla Striscia di Gaza. Hanno provocato morti e gravi danni per la popolazione palestinese, con i cosiddetti «danni collaterali» utilizzati peroccultare i massacri. 
Israele cerca di giustificare gli attacchi con l’escalation di violenza provocata dal lancio dei missili da parte delle milizie di Hamas contro i coloni israeliani che vivono nel territorio palestinese occupato.
Dopo numerose decadi, il conflitto tra Israele e Palestina non sembra trovare soluzione, nonostante i tentativi di dialogo e di tregua che in tutti questi anni sono regolarmente falliti. Il problema è chenon vogliono arrivare a una soluzione del conflitto.
Gli interessi economici,politici e militari di Israele e degli Stati uniti rinnegano le reiterate risoluzioni dell’Onu per porre fine al conflitto e incontrare una soluzione politica, chiedendo che venga applicata la risoluzione del 1949 per lacostituzione di due Stati: d’Israele e di Palestina.

Tratto crudele e degradante

Fino ad ora si è creato solo lo Stato d’Israele, paese che in alleanza con gli Stati uniti, si oppone con le armi alla creazione dello Stato palestinese. Israele invade il territorio dei palestinesi e lì insedia le sue colonie, cacciando ed emarginando il popolo palestinese e utilizzando metodi aberranti come la tortura, il tratto crudele e degradante. Viola i diritti umani e solleva un «muro infame» che divide le persone sommettendo i palestinesi all’emarginazione, la povertà e il terrore.
Tutto questo si fa in nome della «sicurezza e contro il terrorismo».
Alcuni mesi fa, ho pubblicato unarticolo intitolato «Israele, uno Stato terrorista». Lo scrissi in occasionedell’invasione del Libano, durante la quale, Israele, violando la sovranità diun altro stato, provocò morte e distruzione.
Alcune persone mi accusarono diessere «antisemita«. È un modo facile per giustificare l’ingiustificabile. Ho sempre affermato che Israele ha diritto alla sua esistenza, alla sua identità,cultura e religione ma il popolo palestinese ha gli stessi diritti che gli vengono invece negati da Israele. 
I fatti sono visibili e indiscutibili. Seuno Stato commette delle atrocità contro altri popoli o contro il suo stessopopolo, viola il diritto internazionale e le sue proprie leggi, trasformandosi in uno Stato terrorista.
In America Latina sappiamo di cosa parliamo, siamo sopravvissuti al terrorismo di Stato che è stato imposto dalle dittaturemilitari. Abbiamo una ferita nell’animo, nel cuore e nella memoria. Lottiamo per recuperare la libertà e il diritto di essere popoli e vogliamo che tuttociò non accada più, in nessuna parte del mondo.
Nessun imperialismo, dittaturao atto terrorista, venga da chi venga, può essere positivo per un popolo. 
Gli Stati Uniti e i suoi alleati, nella loro lotta per il potere e l’egemonia mondiale, esercitano il terrorismo di Stato. I fatti sono schiaccianti eparlano da soli, come per esempio la guerra contro l’Iraq, l’Afganistan laColombia. Essi violano il diritto internazionale e utilizzano delle praticheaberranti come sono stati i voli segreti della Cia in Europa, i sequestri e lesparizioni di persone realizzati con il consenso dei governi europei, contro icittadini musulmani che furono arrestati, accusati di terrorismo e portatinelle carceri di Guantanamo e in quella di Abu Ghraib in Iraq.
Questi luoghisono stati trasformati in centri di tortura. Essi offendono l’umanità e mettonoin evidenza la degradazione umana nella quale sono caduti.
Dobbiamo reclamare al popolo d’Israele che sospenda immediatamente l’invasione della Striscia di Gaza e reclamare a Hamas che sospenda immediatamente gli attacchi di missiliverso le colonie israeliane.


Fino a quando?


Israele, fino a quando continuerai ad opprimere i tuoi fratelli? Fino a quando continuerai a seminare morte, torture e a giustificarel’ingiustificabile per distruggere il popolo palestinese? Hai una risposta o ascolti solo la sordità della tua voce?
I popoli non dimenticano, conservanonella loro mente e nel loro cuore i propri cari. La sofferenza li rende piùforti e capaci di resistere. Non si rassegnano a vivere sottomessi e umiliati ereclamano il loro diritto ad esistere, ad essere liberi e sovrani.
Israele, haidimenticato la tua storia di sofferenza e resistenza? Hai dimenticato l’orroredell’Olocausto e il dolore del tuo popolo? Hai dimenticato coloro che diederola loro vita per la libertà?
Non fare a tuo fratello ciò che fecero con te. Èurgente «disarmare la ragione armata» ma la ragione non si disarma da sola, nécon un’altra ragione ancora più forte.
R. Panikkar, sottolinea che esiste unadialettica tra l’urgente e l’importante. Forse è più urgente affrontare la situazione che vive il Medio Oriente o vedere ciò che si fa con la ragionearmata, sia che si tratti di una decisione personale o politica? Si deveconciliare l’urgente con l’importante senza sacrificare né l’uno nél’altro.
Probabilmente l’importante è rendersi conto che con la sola buonavolontà non si va lontano. Urgente è disarmare la ragione ma l’importante ècomprendere che non si tratta di vincerla con un’altra ragione superiore. Lacorsa agli armamenti, la violenza, gli attacchi non portano a nessunasoluzione, avremmo solo un’altra ragione più armata.
La ragione non si disarmada sola, è necessario incontrare la funzione dello spirito.
Israele, ascolta ilclamore dei tuoi figli, di coloro che stanno lottando per ottenere la Pace,come Daniel Barenboim che dice, che la Pace è possibile, e cerca di avvicinaregli israeliani e i palestinesi con la musica. 
In Israele e nel mondo, molte organizzazioni israeliane e comunità religiose di diverse confessioni chiedonoil dialogo e la comprensione tra i due popoli. Sono voci che si dovrebberoascoltare.
Ancora ricordo i tentativi e gli sforzi di pace di Simón Peres,attuale Presidente di Israele e premio Nobel della Pace. Questi gesti e questeintenzioni erano privi di contenuto o fu una farsa per continuare ladistruzione e la morte del popolo palestinese? Che risposta hai?


Disarmare la ragione armata

Generazioni di israeliani e palestinesi sono nate e sisono formate in società violente, non conoscono la Pace, il dialogo tra ipopoli, non vogliono accettare la diversità nell’unità di altre culture ecredenze e si sono trasformati in schiavi della violenza. Hanno bisogno diliberarsi da loro stessi.
Israele ha provocato una profonda ferita all’umanitàsegnata in tempi di odio, di guerra, di dolore e morte, dove il terrore è ilcomune denominatore e contamina le nuove generazioni. Dimentichi che quello chesi semina si raccoglie?
Bisogna disarmare la ragione armata per rompere ilcircolo che li costringe nella violenza, nella distruzione e nella morte.
Si habisogno di più coraggio e decisione per costruire la Pace che per continuarecon la guerra, segno di debolezza e paura.
Israele hai bisogno di trasformarele spade in aratri. Ascolta il profeta Isaia. Hai bisogno di volontà politica edi una decisione chiara dello spirito da attuare con dignità e saggezza.


Buenos Aires, gennaio 2009
 – traduzione di Grazia Tuzi

* Adolfo Maria Pérez Esquivel (Buenos Aires26 novembre 1931) è un pacifista argentino, vincitore del premio Nobelper la Pace nel 1980,per le denunce contro gli abusi della dittatura militare argentina negli anniSettanta.

 

 

 

MARCIA DEI FOLLILa schizofrenia di israele tra le macerie della striscia

di Uri Avnery*

Appena dopo la mezzanotte, l’emittente araba di Al Jazeera stava trasmettendo le notizie degli eventi di Gaza. Improvvisamente la telecamera ha inquadrato inalto, verso il cielo scuro. Lo schermo era nero fondo, non si riusciva adistinguere niente. Ma c’era un suono che si poteva sentire: il rumore degliaerei da guerra, uno spaventoso, terrificante boato. Era impossibile nonpensare alle decine di migliaia di bambini di Gaza che stavano sentendo, nellostesso momento, quel suono, paralizzati dalla paura, in attesa delle bombe dalcielo.
«Israele deve difendersi dai razzi che stanno terrorizzando le nostrecittà del sud», ha spiegato il portavoce israeliano. «I palestinesi devono rispondere alle uccisioni dei loro combattenti nella Striscia di Gaza», ha dichiarato il portavoce di Hamas. Per essere esatti, nessun cessate il fuoco è stato interrotto, perché nessun cessate il fuoco era mai iniziato. Il requisito principale di ogni cessate il fuoco nella Striscia di Gaza deve esserel’apertura dei passaggi. Non ci può essere vita a Gaza senza un flusso costantedi rifornimenti. Ma le frontiere non sono state aperte, se non poche ore ognitanto. Bloccare un milione e mezzo di esseri umani per via di terra, mare earia è un atto di guerra, esattamente come il lancio delle bombe o dei razzi.Paralizza la vita nella Striscia di Gaza: elimina gran parte delle fonti checreano occupazione, porta centinaia di migliaia al limite della morte di fame,blocca il funzionamento della maggior parte degli ospedali, distrugge ladistribuzione di elettricità e d’acqua. 
Coloro che hanno deciso di chiudere ipassaggi – sotto qualsivoglia pretesto – sapevano che non ci sarebbe statonessun reale cessate il fuoco in queste condizioni. Questo è il fattoprincipale. Poi ci sono state piccole provocazioni volte deliberatamente asuscitare la reazione di Hamas. Dopo diversi mesi durante i quali i razziQassam a malapena si sono visti, un’unità dell’esercito è stata inviata nellaStriscia «per distruggere un tunnel che arrivava vicino alla recinzione dellafrontiera». Da un punto di vista puramente strategico, avrebbe avuto più sensotendere un’imboscata sul nostro lato della frontiera. Ma lo scopo era quello ditrovare un pretesto per metter fine al cessate il fuoco, in una maniera checonsentisse di addossare la colpa ai palestinesi. E così è stato, dopo diversepiccole azioni del genere, nelle quali alcuni guerriglieri di Hamas sono statiuccisi, Hamas ha risposto con un massiccio lancio di missili, ed ecco, ilcessate il fuoco è giunto alla fine. Tutti hanno incolpato Hamas.
Qual è loscopo? Tzipi Livni lo ha annunciato apertamente: rovesciare il governo di Hamasa Gaza. I Qassam sono serviti solo come pretesto. Rovesciare il governo diHamas? Suona quasi come un capitolo estratto dalla «Marcia dei folli». Dopotutto non è un segreto che fu il governo israeliano a supportare Hamas,all’inizio. Una volta interoggai su questo l’allora capo dello Shin-Bet,Yakakov Peri, che rispose enigmaticamente: «Non lo abbiamo creato noi, ma nonabbiamo impedito la sua creazione.»
Per anni le autorità d’occupazionepromossero il movimento islamico nei territori occupati. Ogni altra iniziativapolitica era rigorosamente soppressa, ma lo loro attività nelle moschee erapermessa. Il calcolo era semplice, e ingenuo: al tempo l’Olp era considerato ilnemico principale, Yasser Arafat il satana. Il movimento islamico predicavacontro l’Olp e Arafat ed era perciò visto come un alleato.
Abu Mazen, un «pollospennato»
Con l’esplodere della prima intifada nel 1987, il movimento islamicosi rinominò ufficialmente Hamas (l’acronimo arabo di «movimento islamico diresistenza») e si unì alla lotta. Anche allora lo Shin-bet non mosse un ditocontro di loro per quasi un anno, mentre i membri del Fatah erano imprigionatio uccisi in gran numero. Solo dopo un anno lo sceicco Ahmed Yassin e i suoicolleghi furono arrestati. Da allora la ruota ha girato. Hamas è il satanaodierno, e l’Olp è considerato da molti in Israele quasi una branca delmovimento sionista. La conclusione logica per un governo di Israele interessatoalla pace sarebbe stata quella di fare ampie concessioni alla leadership diFatah: la fine dell’occupazione, la firma di un trattato di pace, la fondazionedello stato di Palestina, il ritiro entro i confini del 1967, una soluzioneragionevole al problema dei rifugiati, il rilascio di tutti i prigionieripalestinesi. Questo avrebbe sicuramente arrestato l’ascesa di Hamas.
Ma lalogica ha una scarsa influenza sulla politica. Niente del genere è accaduto. Alcontrario, dopo l’uccisione di Arafat, Abu Mazen, che ha preso il suo posto, èstato definito da Ariel Sharon un «pollo spennato». Ad Abu Mazen non è statoconcesso il minimo margine di operatività politica. I negoziati, sotto gliauspici americani, sono diventati una barzelletta. Il più autentico leader diFatah, Marwan Barghouti, è stato mandato in carcere a vita. Al posto di unmassiccio rilascio di prigionieri, ci sono stati «segnali» meschini eoffensivi.
Abu Mazen è stato umiliato sistematicamente, Fatah ha assuntol’aspetto di una conchiglia vuota, e Hamas ha ottenuto una risonante vittoriaalle elezioni palestinesi – le elezioni più democratiche mai tenute nel mondoarabo. Israele ha boicottato il governo eletto. Nella successiva battagliainterna, Hamas ha assunto il controllo della Striscia di Gaza. E ora, dopotutto ciò, il governo di Israele ha deciso di «rovesciare il governo di Hamas aGaza».
Il nome ufficiale dell’azione bellica è «piombo fuso», due parole tratteda una canzone infantile su un giocattolo di Hanukkah. Sarebbe stato piùappropriato chiamarla «guerra delle elezioni». Anche nel passato le azionimilitari sono state intraprese durante campagne elettorali. Menachen Beginbombardò il reattore nucleare iracheno durante la campagna del 1981. QuandoShimon Peres affermò che si trattava di una trovata elettorale, Begin alzò lavoce al comizio seguente: «Ebrei, davvero credete che io potrei mandare inostri figli coraggiosi alla morte, o, peggio ancora, ad esser fattiprigionieri da degli animali, solo per vincere le elezioni?». Begin vinse.
MaPeres non è Begin. Quando, durante la campagna del 1996, ordinò l’invasione delLibano, tutti erano convinti che si trattasse di una trovata elettorale. Laguerra fu un fallimento, Peres perse le elezioni e Netanyahu salì al potere.Barak e Tzipi Livni stanno ora ricorrendo allo stesso vecchio trucco. Secondo isondaggi, la prevista vittoria di Barak gli ha fatto guadagnare 5 seggi dellaKnesset. Circa 80 morti palestinesi per ogni seggio. Ma è difficile camminaresui cadaveri. Il successo potrebbe evaporare in un istante, se la guerracominciasse a essere considerata un fallimento dall’opinione pubblicaisraeliana. Per esempio, se i missili continuano a colpire Beersheba, o sel’attacco di terra porta a un pesante numero di vittime tra gli israeliani.
Unesperimento scientifico
Il momento è stato scelto con cura anche da un altropunto di vista. L’attacco è cominciato due giorni dopo Natale, quando i leaderamericani e europei sono in vacanza. Il calcolo: anche se qualcuno volesseprovare a fermare la guerra, nessuno rinuncerebbe alle vacanze. Il che hagarantito diversi giorni senza alcuna pressione esterna. Un’altra ragione cherende il momento appropriato: sono gli ultimi giorni della permanenza di Bushalla Casa bianca. Ci si aspettava che questo idiota assetato di sangueappoggiasse entusiasticamente l’attacco, come in effetti ha fatto. Barack Obamanon ha ancora iniziato il suo incarico, e ha quindi un pretesto per rimanere insilenzio: «C’è un solo presidente».
Questo silenzio non fa presagire nulla dibuono per il mandato di Obama. La linea fondamentale è stata: non bisognaripetere gli errori della seconda guerra del Libano. Questo è stato ripetuto incessantementein ogni notiziario e talk show. Ma ciò non toglie che la guerra di Gaza sia unareplica pressoché identica della seconda guerra del Libano. Il concettostrategico è lo stesso: terrorizzare la popolazione civile attraverso attacchiaerei costanti, seminando morte e distruzione. I piloti non corrono alcunpericolo, in quanto i palestinesi non hanno una contraerea. Il calcolo: setutte le infrastrutture che consentono la vita nella Striscia sonoletteralmente distrutte, e si arriva quindi alla totale anarchia, lapopolazione si solleverà e rovescerà il regime di Hamas. Abu Mazen rientreràpoi a Gaza al seguito dei carri armati israeliani. In Libano questo calcolo nonha funzionato. La popolazione bombardata, cristiani inclusi, si è radunata attornoa Hezbollah, e Nashrallah è diventato l’eroe del mondo arabo. Qualcosa disimile accadrà probabilmente anche questa volta. I generali sono espertinell’usare le armi e nel muovere le truppe, non nella psicologia di massa. 
Qualchetempo fa scrissi che il blocco di Gaza può essere inteso come un esperimentoscientifico, mirato a scoprire quanto si può affamare una popolazione prima chescoppi. Questo esperimento è stato portato avanti con il generoso aiutodell’Europa e degli Stati uniti. Finora non è riuscito. Hamas è diventato piùforte e la gettata dei Qassam più lunga. La presente guerra è una continuazionedell’esperimento con altri mezzi. Potrebbe essere che l’esercito «non abbiaalternativa» se non riconquistare la Striscia, perché non c’è altro modo perfermare i Qassam, se non quello – contrario alla politica del governo – diarrivare a un accordo con Hamas. Quando partirà la missione di terra, tuttodipenderà dalla motivazione e dalla capacità dei combattenti di Hamas rispettoai soldati israeliani. Nessuno può prevedere quanto accadrà.
Giorno dopogiorno, notte dopo notte, Al Jazeera trasmette immagini atroci: brandelli dicorpi mutilati, parenti in lacrime in cerca dei loro cari tra le dozzine dicadaveri, una donna che solleva la sua bambina da sotto le macerie, dottorisenza mezzi che cercano di salvare le vite dei feriti. 
In milioni stannovedendo queste immagini terribili, giorno dopo giorno. Queste immagini sarannoimpresse nella loro mente per sempre. Un’intera generazione coltiva l’odio.Questo è un prezzo terribile, che saremo costretti a pagare ancora a lungo dopoche gli altri effetti della guerra saranno stati dimenticati in Israele.
Ma c’èun’altra cosa che si sta imprimendo nelle menti di questi milioni: l’immaginedei corrotti e passivi regimi arabi. Visto dagli arabi, un fatto s’impone sututti gli altri: il muro della vergogna. Per il milione e mezzo di arabi aGaza, che stanno soffrendo così terribilmente, l’unica apertura al mondo chenon sia dominata da Israele è il confine con l’Egitto. Solo da lì può arrivareil cibo che consente la vita, da lì arrivano i medicinali che salvano i feriti.Al culmine dell’orrore questo confine resta chiuso. L’esercito egiziano habloccato l’unica via d’accesso per cibo e medicinali, mentre i chirurghioperano senza anestetici.
Per il mondo arabo, da un capo all’altro, hanno fattoeco le parole di Hassan Nashrallah: «I leader egiziani sono complici in questocrimine, stanno collaborando con il «nemico sionista» che cerca di rompere ilpopolo palestinese». Si può assumere che non intendesse solo Mubarak, ma anchetutti gli altri leader, dal re saudita al presidente dell’Anp. Se si guardaalle manifestazioni in tutto il mondo arabo, se si ascoltano gli slogan, se nededuce l’impressione che i loro leader sono visti da molti come patetici nelmigliore dei casi, come meschini collaborazionisti nel peggiore.
Questo avràconseguenze storiche. Un’intera generazione di leader arabi, una generazioneimbevuta dell’ideologia nazionalista secolare araba – i successori di Nasser,di Hafez al-Assad e Yasser Arafat- sarà messa fuori scena. In campo arabo,l’unica alternativa percorribile è l’ideologia del fondamentalismoislamico.
Questa guerra è un presagio infelice: Israele sta perdendol’occasione storica di fare la pace con il nazionalismo arabo secolare. Domanipotrebbe essere davanti a un mondo arabo uniformemente fondamentalista, unHamas mille volte più grande.

traduzionedi Nicola Vincenzoni

*Giornalista e pacifista israeliano, fondatore di Gush Shalom (blocco dellapace).

 

Pubblicati sul manifesto rispettivamente il 9 e 4 gennaio 2009 

 

 


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