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Avere di più, essere di meno

Posted: Ottobre 10th, 2012 | Author: | Filed under: ARTICOLI | Tags: , , , , , , | Commenti disabilitati su Avere di più, essere di meno

di Franco Arminio 

La parola più citata dalla politica è la parola crescita. Ormai viene pronunciata a ripetizione, come negli esercizi spirituali buddisti. In una società che alla sua crisi sa opporre solo questa parola non bisogna poi stupirsi che viene fuori la bulimia dei politicanti alla Fiorito che l’ossessione della crescita la prendono alla lettera e fanno di tutto per accrescere il loro patrimonio. In un certo senso viviamo tutti ammassati in un piccolo campo di concentramento in cui vige la sola legge dell’accumulo. Possono essere poltrone, benefit, amori, successi, fallimenti, il principio ispiratore della dilagante miseria spirituale è sempre quello: avere di più, essere di meno.
La crescita che viene evocata ovviamente è solo quella dei consumi. Vendere più automobili significa avere più gatti morti per le strade, più aria sporca e più rumori, ma questo non sembra preoccupare nessuno. La politica col governo tecnico è andata in cassa integrazione. È entrata in depressione e non lo sa. Non sa allearsi e non sa scontrarsi sulle scelte di fondo. Ci sono contese puramente verbali, come quelle che vediamo in televisione. È il trionfo dell’agonia ciarliera, dell’autismo corale.
Purtroppo questa scena non riguarda solo una minoranza di malati, è tutta la società italiana che è depressa. Ogni persona, oltre alla depressione che gli può venire dalle vicende della sua vita e del suo corpo, è come se partecipasse al dividendo quotidiano della depressione collettiva. Siamo tutti azionisti dell’impotenza, militanti della scontento.
In uno scenario di questo tipo ha poco senso allinearsi su falsi dilemmi: crescita-decrescita, politica-antipolitica. Quello che possiamo fare è dare attenzione ai nostri luoghi, essere fedeli alle nostre passioni. Non è affatto un programma minimo ed è un programma che tiene insieme tensioni intime e tensioni civili.
È in questa logica che col Gal Cilsi abbiamo chiamato in Irpinia il ministro Fabrizio Barca che verrà a Lioni a parlare con me del sud e dei luoghi. Bisogna costruire situazioni fuori dal colluttorio opinionistico che ci passiamo di bocca in bocca. Il sud non ha bisogno di chiacchiere sul sud, deve guardarsi dai suoi nemici, ma anche dai compiacimenti, dalle comparizie. Con Barca proveremo a discutere di quel che si può fare adesso, coi soldi che ci sono, con le persone che ci sono.
La lezione di questi anni è che quando arrivano solo i soldi il sud si guasta, cancella i suoi paesaggi inoperosi, i tempi vuoti, i silenzi. Il sud ha bisogno di lavoro per essere curato, per essere aiutato a essere quello che è e non una brutta copia del nord. Il sud ha bisogno che i suoi ragazzi migliori non vadano via e che arrivino nuovi residenti da altri luoghi dell’Italia e dell’Europa. Il sud può diventare un grande esperimento per uscire dal capitalismo inventando una società che sia dolce e democratica, colta e solidale. Da qualche parte del mondo deve pur arrivare un soffio nuovo. Perché questa parte non potrebbe essere il sud dove è nato il pensiero occidentale?
Ci serve un filo di umiltà per capire che non ci sono soluzioni garantite, ma ci servono anche scatti immaginativi per non considerare le strade battute le uniche che possiamo percorrere.
Stare a sud, starci dentro non per fare la manutenzione del vittimismo, ma per allestire la sagra del futuro. Bisogna fare un buon uso dell’epoca depressa che ci è toccata, inutile portarle il broncio. Continuare a dare attenzione ai luoghi in cui viviamo sembra poco e invece è un bell’esercizio di salute morale che fa crescere tante cose e avvia la decrescita della sfiducia e dell’impotenza.

il manifesto – 6 ottobre


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