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Il ricordo di un amico

Posted: Dicembre 2nd, 2010 | Author: | Filed under: ARTICOLI | Tags: , , , | Commenti disabilitati su Il ricordo di un amico

Anche noi vogliamo salutare il gesto di Mario Monicelli con le parole di un amico. Non ci piace l’infamia di chi ha cercato di liquidare la sua morte come l’azione di un disperato solo a fini di sciacallaggio politico e ideologico. L’articolo di Valentino Parlato ci dice invece che il gesto estremo di Monicelli è stato l’ultimo atto di una coerenza che  lo ha attraversato per tutta la vita. Ciao Mario.


Una lucida volontà

di Valentino Parlato

Questa nostra Italia è proprio ridotta male. Ridotta male soprattutto in Parlamento, tra quelli che dovrebbero essere i rappresentanti del popolo e che, invece, si confermano soggetti presuntuosi e senza cultura, che non sanno né di storia, né di filosofia.
Penso, ma non è sola, all’onorevole Paola Binetti, che non ha potuto fare a meno di dare sfogo alle sue – mi viene da scrivere – sciocchezze sul diritto alla vita e sulla condanna del suicidio, ridotto a debolezza, a disperazione.
L’occasione è il suicidio di Mario Monicelli, 95 anni, che si è buttato giù dal quinto piano dell’ospedale San Giovanni, invece di farsi curare e continuare a vivere. Fortunatamente, fuori dal coro, è stato il Presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, che con buona cultura storicista e laica nella Camera ardente di Mario Monicelli, ha detto: «Se ne è andato con una ultima manifestazione della sua forte personalità, un estremo scatto di volontà che bisogna rispettare». Un atto di volontà, non di disperazione, alla quale a molti piacerebbe aggiungere l’aggettivo «vile».
Quante ipocrite proteste: perché quelli che condannano il suicidio non pensano alle loro responsabilità? E’ innanzitutto la dimostrazione di una assoluta mancanza di cultura storica. Dobbiamo condannare Socrate, dobbiamo dire che era un poveretto in preda alla disperazione e che per viltà si uccise?
Dobbiamo disprezzare Seneca che si svenò in un bagno caldo dopo avere invitato amici e conversare con lui e ascoltare il suo addio?
La mia memoria, con l’età è sempre più debole, e non ricordo le centinaia di suicidi gloriosi che segnano la storia. Ma il punto è che questa banale e spocchiosa condanna del suicidio vuole essere un limite all’intelligenza e all’autonomia di noi esseri umani che, invece, deve rimanere nelle regole che qualcun altro (le religioni soprattutto) crede di avere imposto. «Un estremo atto di volontà» ha detto Napolitano, la volontà di un cittadino e non di un suddito. E io aggiungerei che quello di Monicelli è stato un atto di lucida volontà. Nessuno mi racconti storie sulla sua disperazione. Viveva a Monti, ci incontravamo, discutevamo, andavamo a cena insieme, e non ha mai rotto le scatole dicendo che era solo, disperato e che voleva suicidarsi. Era un uomo lucido e razionale e a 95 anni, stando anche piuttosto male e a un punto avanzato della sua vita, ha lucidamente deciso di mettere lui, autonomamente, la parola fine e non aspettare che fosse un medico o chiunque altro a dirgli che doveva chiudere.
Io direi a Mario, che tante cose mi ha insegnato con i suoi film e con le conversazioni, un grande grazie. Anche alla fine mi ha insegnato qualcosa.
Qualcuno dirà che questo mio scritto è un’apologia del suicidio. No, è solo un tentativo di ragionare con i piedi per terra.

il manifesto del 02/12/2010


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